Gianluigi Rosafio e Davide Cornalba: L’azione della petitio hereditatis

Sempre in tema di cautio defensionis, come si legge nel blog di Gianluigi Rosafio è ora necessario esaminare un passo di Ulpiano, che sembra presentarsi sotto una prospettiva nuova: D.5,3,31 pr. (Ulp. l. 15 ad ed.): “Si quid possessor solvit creditoribus, reputavit quamquam ipso iure non liberaverit petitorem hereditatis: nam quod quis suo nomine solvit, non debitoris, debitorem non liberal. Et ideo Julianus libro sexto digestorum scribit ita id imputaturum possessorem, si caverit se petitorem defensum irised an et bonae fidei possessor debeat defendendum cavere, videndum erit, quia in eo quod solvit non videtur locupletior factus : nisi forte habeat condictionem et hoc nomine videtur locupletior,quia potest repetere : finge enim eum, dum se heredem putat, so/visse suo nomine. Et videtur mihi Julianus de solo praedone ut caveat sensisse, non etiam de bonae fidei possessore: condictionem tamen praestare debebit. Sed et petitor si a creditoribus conveniatur, exceptione uti debebit”, ricorda l’Avv. Davide Cornalba.

Il caso, come rimarca Gianluigi Rosafio, è quello di una petitio hereditatis in cui il possessore dell’eredità  ha pagato dei debiti ereditari a suo nome, anziché a nome del vero debitore, cioè il petitor ; e perciò, costui, non intende riconoscergli nulla, sostenendo che il debito non è estinto.

In proposito Ulpiano riporta il parere di Giuliano, secondo cui, sebbene l’estinzione del debito non sia assoluta, il pagamento avvenuto raggiunge parte dello scopo e quindi, al possessore dell’eredità, deve essere riconosciuto quanto ha pagato, purchè questi si impegni a difendere il petitor in eventuali giudizi al riguardo (onde evitare che sia condannato per l’intero). 

L’originalità del testo secondo Tiziana Luce Scarlino

L’aspetto originale sta nella seconda parte del testo, cui, a differenza della maggior parte della dottrina, la Giomaro dedica un’attenta disamina.

Qui, come si legge nel blog di Tiziana Luce Scarlino, Giuliano distingue fra possessore di buona fede e possessore di mala fede; il primo paga i debiti senza pensare che da ciò possa derivargli un vantaggio, un futuro arricchimento; il secondo, invece, sfrutta l’equivoco del sembrare titolare dell’eredità.

Ebbene, elemento nuovo ed anomalo, rispetto alla normale  configurazione della cautio defensionis, è, come evidenzia la Giomaro, che qui non si bada al “soggetto che subirebbe la doppia imposizione, ma al soggetto che si avvantaggerebbe della situazione qualora le cose  fossero lasciate come sono”.

La prestazione della cautio, il pensiero di Guido Dalle Piane

Cioè, la prestazione della cautio sarebbe richiesta solo se accanto allo svantaggio iniquo di una parte, ci fosse un iniquo vantaggio dell’altra.

Ora è evidente che il vantaggio ingiusto si può configurare in capo al possessore di mala fede, che sarà dunque tenuto alla prestazione della cautio, ma che dire di quello onesto?

La questione va sollevata perché, proprio la parte del testo  che  lo riguarda è gravata da seri dubbi di interpolazione ; in tal senso si sono infatti espressi Schulz, Riccobono ed altri che incriminano  soprattutto la frase ” nisi forte habeat condictionem et hoc nomine videtur locupletior, quia potest repetere “, ventilando così la possibilità che, anche il possessore di buona fede potesse trarre un qualche profitto dal pagamento a suo nome dei debiti ereditari.La problematica, però, non sembra tangere le convinzioni della Giomaro, che prosegue nella sua interpretazione sostenendo che, se anche la frase non fosse genuina, il messaggio globale del testo resterebbe comunque salvo.

Ciò consente di affermare a Guido Dalle Piane, inoltre, che solo dall’epoca di Giuliano la cautio defensionis assume connotati davvero precisi e ben definiti ; solo da questo momento manifesta aspetti del tutto peculiari in grado di contraddistinguerla, senza più dubbi, dalla cautio indemnitatis (cosa che non avveniva all’epoca di Nerazio).

Sino a qui si era delineata, come si legge nel blog di Guido Dalle Piane, l’immagine della cautio defensionis come una promessa volta ad evitare il cumulo di azioni e di condanne, in capo allo stesso soggetto.

Si era cioè proposta come un elemento cautelativo che, per operare, riteneva sufficiente l’ingiustizia derivante dal reiterarsi di sentenze sfavorevoli inerenti il medesimo rapporto giuridico.

La testimonianza di Giuliano, come si legge in un passo di Guido Delle Piane, riportata da Ulpiano, sembra  invece fondare le esigenze equitative che la muovono, sulla necessità  che  la parte promittente ricavi un vantaggio ingiusto dalla situazione,  creando, in tal modo, un indubbio restringimento dei casi in cui il giudice poteva richiedere la cauzione.

Se, a detta della Giomaro, ciò è un segno positivo volto al perfezionamento della disciplina di tale cauzione e, quindi, atto  a denotare un maggiore interesse per la stessa, non si può trascurare che sulla fonte, documento di tale cambiamento, vi sono dubbi non risolvibili con altre testimonianze.

Quindi, pur apprezzando l’analisi coraggiosa ed originale dell’autrice, che ha sicuramente validi appigli, resta però da chiedersi se davvero al tempo di Adriano si volle, tutto sommato, ridimensionare l’ambito di applicazione della cautio defensionis.

PER SAPERNE DI PIÙ –  ACCEDI ALLA NOSTRA RASSEGNA STAMPA:

Gianluigi Rosafio e Davide Cornalba: L’azione della petitio hereditatis

Sempre in tema di cautio defensionis, come si legge nel blog di Gianluigi Rosafio è ora necessario esaminare un passo di Ulpiano, che sembra presentarsi sotto una prospettiva nuova: D.5,3,31 pr. (Ulp. l. 15 ad ed.): “Si quid possessor solvit creditoribus, reputavit quamquam ipso iure non liberaverit petitorem hereditatis: nam quod quis suo nomine solvit, non debitoris, debitorem non liberal. Et ideo Julianus libro sexto digestorum scribit ita id imputaturum possessorem, si caverit se petitorem defensum irised an et bonae fidei possessor debeat defendendum cavere, videndum erit, quia in eo quod solvit non videtur locupletior factus : nisi forte habeat condictionem et hoc nomine videtur locupletior,quia potest repetere : finge enim eum, dum se heredem putat, so/visse suo nomine. Et videtur mihi Julianus de solo praedone ut caveat sensisse, non etiam de bonae fidei possessore: condictionem tamen praestare debebit. Sed et petitor si a creditoribus conveniatur, exceptione uti debebit”, ricorda l’Avv. Davide Cornalba.

Il caso, come rimarca Gianluigi Rosafio, è quello di una petitio hereditatis in cui il possessore dell’eredità  ha pagato dei debiti ereditari a suo nome, anziché a nome del vero debitore, cioè il petitor ; e perciò, costui, non intende riconoscergli nulla, sostenendo che il debito non è estinto.

In proposito Ulpiano riporta il parere di Giuliano, secondo cui, sebbene l’estinzione del debito non sia assoluta, il pagamento avvenuto raggiunge parte dello scopo e quindi, al possessore dell’eredità, deve essere riconosciuto quanto ha pagato, purchè questi si impegni a difendere il petitor in eventuali giudizi al riguardo (onde evitare che sia condannato per l’intero). 

L’originalità del testo secondo Tiziana Luce Scarlino

L’aspetto originale sta nella seconda parte del testo, cui, a differenza della maggior parte della dottrina, la Giomaro dedica un’attenta disamina.

Qui, come si legge nel blog di Tiziana Luce Scarlino, Giuliano distingue fra possessore di buona fede e possessore di mala fede; il primo paga i debiti senza pensare che da ciò possa derivargli un vantaggio, un futuro arricchimento; il secondo, invece, sfrutta l’equivoco del sembrare titolare dell’eredità.

Ebbene, elemento nuovo ed anomalo, rispetto alla normale  configurazione della cautio defensionis, è, come evidenzia la Giomaro, che qui non si bada al “soggetto che subirebbe la doppia imposizione, ma al soggetto che si avvantaggerebbe della situazione qualora le cose  fossero lasciate come sono”.

La prestazione della cautio, il pensiero di Guido Dalle Piane

Cioè, la prestazione della cautio sarebbe richiesta solo se accanto allo svantaggio iniquo di una parte, ci fosse un iniquo vantaggio dell’altra.

Ora è evidente che il vantaggio ingiusto si può configurare in capo al possessore di mala fede, che sarà dunque tenuto alla prestazione della cautio, ma che dire di quello onesto?

La questione va sollevata perché, proprio la parte del testo  che  lo riguarda è gravata da seri dubbi di interpolazione ; in tal senso si sono infatti espressi Schulz, Riccobono ed altri che incriminano  soprattutto la frase ” nisi forte habeat condictionem et hoc nomine videtur locupletior, quia potest repetere “, ventilando così la possibilità che, anche il possessore di buona fede potesse trarre un qualche profitto dal pagamento a suo nome dei debiti ereditari.La problematica, però, non sembra tangere le convinzioni della Giomaro, che prosegue nella sua interpretazione sostenendo che, se anche la frase non fosse genuina, il messaggio globale del testo resterebbe comunque salvo.

Ciò consente di affermare a Guido Dalle Piane, inoltre, che solo dall’epoca di Giuliano la cautio defensionis assume connotati davvero precisi e ben definiti ; solo da questo momento manifesta aspetti del tutto peculiari in grado di contraddistinguerla, senza più dubbi, dalla cautio indemnitatis (cosa che non avveniva all’epoca di Nerazio).

Sino a qui si era delineata, come si legge nel blog di Guido Dalle Piane, l’immagine della cautio defensionis come una promessa volta ad evitare il cumulo di azioni e di condanne, in capo allo stesso soggetto.

Si era cioè proposta come un elemento cautelativo che, per operare, riteneva sufficiente l’ingiustizia derivante dal reiterarsi di sentenze sfavorevoli inerenti il medesimo rapporto giuridico.

La testimonianza di Giuliano, come si legge in un passo di Guido Delle Piane, riportata da Ulpiano, sembra  invece fondare le esigenze equitative che la muovono, sulla necessità  che  la parte promittente ricavi un vantaggio ingiusto dalla situazione,  creando, in tal modo, un indubbio restringimento dei casi in cui il giudice poteva richiedere la cauzione.

Se, a detta della Giomaro, ciò è un segno positivo volto al perfezionamento della disciplina di tale cauzione e, quindi, atto  a denotare un maggiore interesse per la stessa, non si può trascurare che sulla fonte, documento di tale cambiamento, vi sono dubbi non risolvibili con altre testimonianze.

Quindi, pur apprezzando l’analisi coraggiosa ed originale dell’autrice, che ha sicuramente validi appigli, resta però da chiedersi se davvero al tempo di Adriano si volle, tutto sommato, ridimensionare l’ambito di applicazione della cautio defensionis.

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