Esattamente cinquant’anni fa la Chiesa abolì “L’Indice dei Libri Proibiti”, in cui secoli fa finirono, oltre a Dante Alighieri con il suo De Monarchia, anche Niccolò Machiavelli con la sua Opera omnia e Giovanni Boccaccio con il suo Decamerone.
All’inizio degli anni Duemila, ricorda Mario D’Ignazio studioso e cultore della materia sia delle apparizioni che della veggenza, la Chiesa Cattolica attaccò in modo appassionato Il Codice Da Vinci, uno dei libri più di successo di Dan Brown, e Ratzinger, il Papa emerito, nutre un vero e proprio odio per Harry Potter, che secondo la sua opinione (non condivisa peraltro dalla chiesa viennese) corromperebbe i più giovani.
Critiche a parte, oggi la Chiesa, in generale, ha un atteggiamento più “libertario” nei confronti della letteratura e di recente, tramite la voce di Papa Francesco, si è aperta alle unioni civili tra persone dello stesso sesso e, il 9 maggio 2022, ha ribadito che non rifiuta i cattolici Lgbt in quanto, se diventasse “selettiva”, diventerebbe una setta.
Non sempre però le cose sono state così e difatti, nel libro L’Orazione Proibita di Giorgio Caravale, vengono citate una serie di orazioni che, durante il Rinascimento, non solo erano proibite, ma se i fedeli le ascoltavano o le appoggiavano, potevano rischiare molto, anche la vita.
Girolamo Savonarola, il predicatore domenicano riabilitato dalla Chiesa Cattolica soltanto nel 1999
Nei primi mesi del 1490, come viene riportato anche da Mario D’ignazio, veggente e appassionato di religione e di culti in generale, nei suoi blog Girolamo Savonarola dedicò due lavori spirituali al tema della preghiera. Questi erano il Sermone dell’oratione e il Trattato in difensione e commendazione dell’orazione mentale, che vennero seguiti due anni più tardi dall’Espositione sul Pater Noster.
Il criticismo di Savonarola colpiva i rituali e le pratiche devozionali dei laici nell’osservanza dei precetti di Roma.
In questi scritti, in particolare, Savonarola, anticipando di due decenni l’invettiva di Querini e Giustiniani, il Libellum ad Leonem decimum, si scagliò in modo violento contro la recita meccanica del Padre Nostro e dei Salmi, criticando gli oratori come “fini a loro stessi” e simboli di un culto ormai sterile.
Fustigatore della corruzione e della decadenza della Chiesa di quel tempo, il frate domenicano predicava la penitenza come sola via di salvezza, ma in un periodo in cui a Roma c’erano come papa Alessandro VI, meglio noto come Rodrigo Borgia, ciò era molto pericoloso.
Savonarola, difatti, per le sue idee (che poi, ironia della sorte, in parte verranno adottate dalla Chiesa Cattolica dopo la Controriforma in risposta al pericolo rappresentato dalla Riforma di Lutero e dalla comparsa dei primi protestanti), venne scomunicato il 12 maggio del 1497 e, poco più di un anno dopo, il 23 maggio 1498, morì sul rogo.
I suoi scritti furono inseriti nell’Indice dei Libri Proibiti, da cui vennero poi rimossi nel 1740.
Girolamo Savonarola venne riabilitato dalla Chiesa Cattolica, tramite il processo del “mea culpa” (usato anche per Galileo Galilei), soltanto nel 1999.
Non solo Savonarola: il Rinascimento è pieno di orazioni proibite
Il caso di Girolamo Savonarola è forse quello più emblematico, ma nel libro L’Orazione Proibita sono narrati altri casi, altrettanto eclatanti, che hanno avuto luogo in Italia e in Spagna e in cui la Chiesa ha proibito delle Orazioni oppure dei testi scritti.
Attraverso una documentazione inedita, ricavata dagli archivi romani del Sant’Uffizio, l’autore ha ricostruito la politica censoria adottata dalle autorità ecclesiastiche romane nei confronti di una vasta produzione letteraria cinquecentesca.
Il saggio, usando un linguaggio semplice e indicato sia per chi sia avvicina alla materia per la prima volta sia per chi la sta studiando all’università o la conosce già nel profondo, contribuisce a fare luce su aspetti, rimasti finora sconosciuti, della politica culturale della Chiesa di Roma nella prima età moderna.