Ci sono sentenze che lasciano il segno. Non perché siano particolarmente motivate, né perché giungano dopo una lunga istruttoria, ma perché chi le subisce avverte un senso di profonda ingiustizia. In molti casi, quella sentenza è proprio quella della Corte di Cassazione, il giudice di legittimità che in teoria dovrebbe garantire la coerenza e la correttezza delle decisioni giuridiche nell’ordinamento italiano.
Ma cosa succede quando anche la Cassazione fallisce? Quando il ricorrente ritiene che i suoi diritti fondamentali siano stati lesi in modo irreversibile, e che il sistema giustizia italiano non abbia offerto una tutela effettiva?
In questi casi estremi, ma tutt’altro che rari, l’unica via che resta è guardare oltre i confini nazionali e valutare un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Questo organismo internazionale, con sede a Strasburgo, è incaricato di vigilare sul rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950, e rappresenta l’ultima istanza disponibile per i cittadini europei che si sentono vittime di violazioni commesse da uno Stato.
È bene sottolinearlo sin da subito: non si tratta di un quarto grado di giudizio. La Corte EDU non rivede i fatti né le norme interne applicate, ma valuta se il procedimento nazionale, nel suo complesso, sia stato rispettoso dei diritti garantiti dalla Convenzione. Non è sufficiente sostenere che il giudice abbia sbagliato; è necessario dimostrare che si è verificata una violazione concreta, come una motivazione apparente della sentenza, una violazione del diritto al contraddittorio, oppure una decisione adottata in tempi irragionevoli, tali da compromettere il diritto a un processo equo.
Ma quali sono i presupposti per un ricorso CEDU efficace? Innanzitutto, bisogna aver esaurito tutti i rimedi interni, il che si traduce nel fatto che il ricorso può essere presentato solo dopo la sentenza definitiva della Cassazione.
Poi c’è il termine, fondamentale e perentorio: quattro mesi dalla data della decisione. Infine, serve un dossier ben costruito, che illustri in maniera chiara e argomentata la violazione subita.
È chiaro che un simile ricorso richiede una valutazione preliminare seria, non solo per evitare di incorrere in un giudizio di inammissibilità – che purtroppo coinvolge oltre il 90% delle domande – ma anche per comprendere se davvero il caso presenti una lesione compatibile con i criteri della Corte di Strasburgo. Ecco perché è fondamentale rivolgersi a un avvocato esperto in diritto sovranazionale, capace di analizzare le carte processuali, confrontare i precedenti EDU, e redigere un ricorso che abbia basi solide.
A questo proposito, l’Avv. Domenico Bianculli, esperto in diritto processuale e sovranazionale, ha pubblicato nel proprio blog giuridico un approfondimento completo e aggiornato su come fare ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dopo una sentenza di Cassazione. Il testo affronta i motivi più ricorrenti, le strategie difensive, le tempistiche procedurali e anche i costi, offrendo così una guida di grande utilità pratica per chi sta considerando questa opzione.